domenica 3 dicembre 2017

Dante Maffia - IO - Poema totale della dissolvenza

Letture



"IO  POEMA TOTALE DELLA DISSOLVENZA"

Edilet 2013





Conobbi  Dante Maffia nel novembre del  2011 a Pescara, presentava il suo libro “Sbarco clandestino” edito da Tracce.
Ascoltando le sue poesie il mio primo pensiero fu:  “finalmente  un poeta che respira, che  esiste nei suoi versi, che non si nasconde dietro le parole, ma le utilizza per comunicare di sé e degli altri senza inibizioni e falsi pudori”.
“IO Poema totale della dissolvenza” pubblicato da Edilet a maggio di quest’anno, è per me la conferma definitiva di quanto già assodato dalle precedenti letture.
Inutile dire che questo nuovo lavoro, una summa poetica di quasi  700 pagine, non si può leggere tutto d’un fiato, ma è da gustare un tantino alla volta, altrimenti si rischia la sindrome di Stendhal.
Mi esimo, qui, dall’affrontare  questioni  inerenti l’analisi critica dell’opera, per la quale rimando e mi affido alla competenza  di Giorgio Linguaglossa.
Mi limiterò a parlarne da lettore, quale rappresentante dello sparuto popolo  dei fruitori di poesia.
Già dai primi versi di dedica alla moglie, è chiaro l’intento del poeta:

Io scrivo con il cuore e non col petto,
con la sapienza del tuo sorriso,
con la flessuosità dei tuoi fianchi,
con le bestemmie del Paradiso.

Scrivo e non m’importa se ci sarà una fioritura
consapevole che germogliando io muoio.
Lo sai, la morte non mi fa paura,
io sono cresciuto nello scannatoio

di chi ha creduto che ogni sua parola
sia più della Commedia e dell’Amleto.
Addio, polpa di stelle, appena sarai sola
dimentica il randagio furore dell’aceto.

E vivi badando alle figlie e ai nipoti
senza rincrescimenti, senza nessun rimpianto.
Rifuggi sempre dai sacerdoti idioti.

Io qui non sto poi male, è un buon camposanto.

Leggere quest’opera è come visitare una galleria d’arte che raccoglie opere di epoche e generi diversi ma tutte eseguite dallo stesso artista, una sorta di “Orlando” Woolfiano, che però si guarda bene dal cambiare sesso.
Si passa di sala in sala, da Caravaggio a Picasso, da Modigliani a Botero,   passando per la Tela Sfregiata di Fontana si attraversa la solitudine delicata delle bottiglie di Morandi, fino all’Orinatoio provocatorio di Duchamp e alla Artist’s shit dissacrante di Manzoni come in:
 “Domanda senza risposta”

Da qualche mattina osservo nel water:
margherite, limoni,
uccelli perfetti, funghi, una chitarra,
foglie d’ortica, statue greche, ninnoli
così belli! Mi dispiace tirare lo sciacquone
e ci penso parecchio prima di farlo,
anche perché la domanda senza risposta
è se quelle figure di scultore
sono dentro di me da sempre e aspettano
l’appuntamento mattutino o invece
si creano per caso, come un gioco della forma
che si sa, è bizzarra, trova strade
che nessuno conosce. Ho comprato
 la cinepresa e una Rolley. Penso che dopo
ci farò una mostra.

In questo volume è racchiusa tutta un vita, anche più d’una, oserei dire; quella vissuta nel quotidiano, come nelle invettive contro “ I vicini di casa”:

Chiamarli bastardi sarebbe un complimento,
non c’è un solo giorno che non li sento gridare,
alzare il volume del televisore
fino a far tremare i vetri del balcone.
“Sembra che gli abbiano ammazzato i figli nella culla”.
Prima o poi imbraccerò il fucile
del nonno appeso ancora
nel mobiletto dell’entrata. Il cervello
ha strappi e giravolte, cadute e vibrazioni
patetiche o furiose, sono confuso.
Meritano al più presto una lezione.

e quella onirico- visionaria, la passione per i libri e per il buon cibo,  il sesso, l’amore  ,  come nella lirica 7 di “Scherzi”, che trovo delicatissima:

Tu sei l’alba,
io il tramonto.
Tu l’estate,
io l’inverno.
Tu l’orizzonte,
io la stasi.
Eppure c’è un momento in cui
si mischiano le carte
e io divento
la tua misura umana,
il tuo berretto di lana
azzurra
che porti
quando vai
a fare la spesa.

C’è anche una sorta di catalogo Dongiovannesco in “Piccola cantilena delle donne perdute” che si chiude, però con una constatazione amara:

La figlia dell’impiegato
postale genovese
che mi scriveva
quattro lettere al giorno,
Pina la milanese,
la piccola carogna barese
che amava il mare
e ogni volta era una lotta
per non soffocare.
[……]
La bellissima belga
che mi rassomigliava, la francesina
sosia della Bardot, Luisina
capricciosa come una faina…
adesso il vuoto s’insinua protervo
e insensibile nel mio giorno
e tutto appare una ferita
senza prospettive d’infezione.”

Insomma, quella O costituita dal globo terrestre che campeggia in copertina, ci dà l’immagine perfetta del contenuto dell’opera: tutto il mondo interiore del poeta, tutto il suo esserci nel mondo sono espressi  nel linguaggio poetico, adeguato di volta in volta  alle differenti  circostanze. Su tutto campeggia lo spettro della dissolvenza, la consapevolezza della mortalità,   la disperata volontà dell’uomo di affermare la propria presenza ancora viva. Molte sono le liriche, tutte struggenti,  sulla propria morte. Ho scelto di riportare qui “Ultimo desiderio” , perché ritengo sia quella che meglio  sintetizza la personalità di Dante Maffia, la sua bulimia di bellezza , di passione, di vita:

Seppellitemi in un posto
senza piccioni petulanti,
con balconi aperti
e arazzi arancioni
su cui sono scritti dei versi
di Lorca e di Frénaud
possibilmente non lontano
da dove si può sentire
un profumo di arrosto di maiale.


Nella sua recensione al Poema,  Giorgio Linguaglossa ipotizza che questa potrebbe essere l’opera conclusiva di questo poeta così incredibilmente prolifico, la sua ultima “bomba”. Io, invece, non mi sorprenderei se fra qualche anno uscisse il Poema della dissolvenza parte II, summa di tutte le altre vite di Dante Maffia.




Maria Grazia Di Biagio

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