lunedì 4 dicembre 2017

Annamaria Ferramosca - Ciclica

Letture



CICLICA
LVF Edizioni 2014




“Scelgo mi piace e condivido” esordisce Annamaria Ferramosca nella prima della quattro sezioni che compongono quest’ultimo lavoro poetico dato ai tipi di La Vita Felice. Un affascinante scandaglio dell’esistenza, affondo preciso nelle profondità della vita quotidiana. Anche e per primi gli aspetti ritenuti più banali, trascurabili, come le interazioni virtuali nella rete dei social, babele di una umanità in cerca di se stessa.
Con la perizia mutuata dal suo lavoro di biologo, la poeta si (e ci) osserva, aguzza l’occhio e i sensi per carpire quanto il microscopio non rivela: il senso di questo esserci del pensiero e del corpo, tutt’uno “con un piccolo albero di limoni sul balcone” , “con occhi di cane a implorare o – muso in alto – ad abbaiare”, indagare il mistero della nascita, l’ineluttabilità della morte, nella trasformazione “Ciclica”, appunto, cui sottostiamo con l’intero universo per poter dare spazio a nuove:




FIORITURE

amo questo lavoro di biologo
anche se piuttosto idraulico        ma
a volte vorrei essere esperta
in altra scienza della vita
penetrare la pasta segreta
dei pensieri quotidiani degli urti
vita che invade invisibile i corpi
lingua molecolare che parla
a impalpabili stelle

scalare la doppia elica
dei perché dei quando       fino alla vetta
scavare nel mio nulla senza scampo
nucleotidi a brandelli su cui inciampo
cercando nel mosaico la mia tessera
di terra cruda       nuda
fragile come appena sbozzata

ma è nello sbreccio delle imperfezioni
che avverto il tocco-random di una mano
che plasma e scompiglia
i geni sulla spirale tutto vedono
si ravvedono
- un parlottìo continuo là per le scale –
cercare il massimo vantaggio per
proseguire il viaggio       vis à vis
senza mai perdersi

sì    venga pure la notte

Innovativa la scrittura poetica, per i molti neologismi pregni di significanze, per le incursioni dei termini tecnico-scientifici  perfettamente incastonati  e asserviti al discorso poetico. Sorprendente l’impianto strutturale dei versi che, rinunciando alla virgola a favore della spaziatura, producono un impatto materico della parola sul foglio, come di bassorilievo che induce il lettore a soffermarsi , a percepire il non detto che cova nel vuoto che si è creato.
E’ un ripensare il concetto di ordine e simmetria adeguandolo alla bellezza dell’imperfezione, della instabilità del corpo e del cosmo:

“corpo
che pesi su di me mi de-finisci
così completo e sapiente che mi vedo
ottusa dentro te       costretta nel profilo
                un nulla circondato

dicono sia per farti immortale
il seme che ti replica
mi portano vesti e simboli a coprirti
esaltare l’incanto       ma
non spieghi il perché di tutto quest’agitarsi
complicato       precario
non sarebbe bastato un set molecolare
per far sentire il battito dell’universo?”

Sono versi sonori, che invitano alla lettura ad alta voce, con gli attacchi e le pause, le modulazioni di una partitura, leggerli è musica, ora allegra ora struggente, che risuona fuori e dentro:

SOGLIE

“è così che si muore
pensavo ad alta voce
tra le raffiche ostili di bufera improvvisa
i tergicristalli ammutinati
il vetro opaco       la nuca irrigidita
fermo il respiro sui vortici di foglie
è così che si muore
mentre il trambusto irreale già mutava
in paradossale calmissimo caos
- rituale della soglia –
dolce l’arrendersi docile
al rapidissimo film       al sipario

un oltre riconoscibile       gentile
terra calda dai suoni attutiti
come l’accostarsi affettuoso
di un muso animale
il tocco di una mano sulla spalla
mentre intorno
                            il nevischio”

Mi accorgo solo adesso, leggendo la prefazione di Manuel Cohen, di aver usato lo stesso aggettivo,  per definire la poesia di Annamaria: “affascinante”, non ho copiato, è proprio così, non c’è altra parola per definirla.
Dunque, “scelgo mi piace e condivido”. 





Maria Grazia Di Biagio


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